mercoledì 10 febbraio 2010

Ma Favino, dove l'aveva nascosto?

Questo post riguarda il sequel meno sequel che io abbia mai visto. "Baciami ancora", il nuovo film di Gabriele Muccino, è la conseguenza meno prevedibile e (almost) real che il regista avrebbe potuto immaginare per "L'ultimo bacio", questo pluri-premiato e pluri-imitato prototipo della "commedia generazionale". Sono passati dieci anni, tre tornate elettorali, una crisi economica che ha cambiato la nostra percezione del futuro; nessun trentenne di oggi immagina più la casa assicurata e la vita assicurata che Carlo vedeva davanti a sé quando andava a riprendersi Giulia, e anche il frigo pieno per non sentirsi povero è un motivetto in via d'estinzione insieme alla figura del giovane e rampante italiano medio-borghese, stiracchiato nello stipendio da posso fisso. Che siano passati dieci anni nel film si vede benissimo, e questo è senz'altro un merito.
Per prima cosa, comunque, ho bisogno di dire che il cambio di protagonista (da Mezzogiorno a Puccini) non fa bene alla storia: con buona pace della nuova arrivata Vittoria Puccini e del suo lodevole impegno, la storia è ancora pensata per quella rompipalle di Giulia-Giovanna Mezzogiorno, per la sua testardaggine e il suo muso duro, per il suo succede a tutti ma "non a me!" Una che "io la tua fine non la faccio", una che, nel faccia a faccia con Carlo, non si tira mai indietro. Dopo dieci anni, Giulia non è cambiata, è sempre lei, e l'assenza della Mezzogiorno si fa sentire.
Bisogna anche dire che in questo film si vede il bene e il male dell'educazione americana di Muccino. Il bene è un certo gusto per il visionario, che il regista sembra sapere sempre dove piazzare: per esempio, l'ultima azione di Paolo-Santamaria (non dico quale per chi non ha visto il film) racconta fino in fondo l'esaltazione del suo personaggio, e per un attimo tutto -la vestaglia aperta, la pioggia, la visione dall'esterno- sembra preso dal video di una band hard rock.
Il male, invece, è che alcune delle storie sono credibili quanto romanzetti da serial tv: per esempio, non si capisce veramente perchè Carlo non abbia saputo tenere insieme la sua famiglia o perchè Adriano ci abbia messo tanto tornare a casa. E, sia detto per inciso, non si capisce nemmeno perchè Giorgio Pasotti, tra un'anaconda e l'altra, sia dovuto diventareil cone di Johnny Glamour.
In ogni caso, i dieci anni che sono passati si vedono è il ritratto è, complessivamente, attendibile. Dopo i trentenni disorientati, Muccino racconta i quarantenni che si sforzano di rimanere in piedi e che si fanno del male pur di mettere radici, probabilmente -davvero- l'unico modo per sentirsi vivi. Il male che sentono loro, lo sentiamo anche a noi, al cinema e non: Santamaria, per esempio, è un folle normale, uno che sa cosa è e cosa vorrebbe essere e che non sa come arrivarci. Ma che sa benissimo come farci credere alla sua follia. Sua madre è invecchiata e mummificata, la casa è mummificata, anche la sua vita è mummificata ed è uno dei momenti più credibili di tutto il film.
Ma soprattutto, Favino: dov'era Favino ne "L'ultimo bacio"? Favino, la comparsa, quello che si sposava all'inizio, quello della normalità che è "la vera rivoluzione", con la camicia stirata e la vita ordinata e quasi invisibile. La sua normalità rivoluzionaria, dopo dieci anni, è esplosa, e lui, con la faccia paonazza e le vene del collo blu, sembra a sua volta dover esplodere da un momento all'altro, in una sequenza tragicomica di nevrosi che trascinano ripetutamente il pubblico alla risata di cuore suo malgrado. Alla fine è lui, questo lo anticipo, il vincitore, è lui che centra l'obiettivo mancato da tutti gli altri: è lui che guarda la realtà dritta negli occhi, che guarda sé stesso allo specchio senza nascondarsi, e fa il passo avanti necessario.
E tanto rivoluzionaria è la normalità che riesce a salvare che alla fine - confesso - mi ha strappato un singhiozzo.

giovedì 13 agosto 2009

Italia: pizza spaghetti baffi mandolino mafia e ... Superenalotto.

Se anche i sogni - a volte - avessero dei limiti, allora - forse - tutti avrebbero l'occasione per essere felici.

Questa mattina alle 6,40, 140 lettori del quotidiano tedesco Bild, selezionati da previa prova di rapidità telefonica, sono partiti da varie parti della Germania alla volta di Berlino, dove li attendeva un Airbus 319 dell'Air Berlin, con destinazione Milano. I 140 buontemponi fanno parte del concorso bandito dalla suddetta Bild nell'astuto tentativo di indirizzare verso le casse tedesche la vincita di 131 milioni e 500 mila euro in palio per il sei al Superenalotto.

Ora, per prima cosa io non ho onestamente idea di quanti siano 131 milioni e 500 mila euro; inoltre, come sempre al momento in cui il tg sbandiera il mega-montepremi in palio, provo un certo disagio, insieme alla sensazione che si oltrepassi il limite della decenza. Qualunque sia la provenienza del denaro in questione, mi chiedo come sia possibile che una cifra alta - così alta - si raccolga attorno a una lotteria,e poi metà degli italiani non si possano permettere una pizza e due paia di pantaloni a stagione, e perchè io a settembre non avrò i soldi e il lusso di fare il mio lavoro. Io non so niente dei Monopoli di Stato e a naso direi che una buona parte di quei soldi dovrebbe in ogni caso tornare a nostro vantaggio. Un vantaggio significativo, immagino: ma quale? In ogni caso, rimane discutibile la scelta di far girare una simile mole di soldi attorno a uno strumento irrazionale come una lotteria.

Ma si sa che i sogni non hanno limiti, e la benda della Fortuna è un ottimo alibi. E vuoi mettere la suspence nell'attesa dell'estrazione?

Poi, siccome gli Italiani hanno il cuore grande, condividono anche l'emozione con gli stranieri. Già Tolstoj sapeva che gli Italiani sono tanto sicuri di sé perchè sono emotivi e dimenticano facilmente (séi stessi e gli altri): così, per goderci l'attesa della mega vincita dimentichiamo di essere in bolletta e che avremmo bisogno di investimenti seri a minor prezzo. Se poi vincessero i tedeschi, certamente saremo pronti a dimenticare che la Fortuna poteva baciare noi e non serberemo loro alcun rancore per essere venuti a casa nostra a giocare al superenalotto.
D'altra parte, chi meglio dei tedeschi, che (diceva ancora Tolstoj) sono certi di conoscere la verità, anche quella del superenalotto?

Leggi la notizia su

http://www.corriere.it/cronache/09_agosto_12/superenalotto_contagia_tedeschi_bfe48580-873e-11de-a53e-00144f02aabc.shtml

http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/cronaca/superenalotto-uno/curiosita-giocatori/curiosita-giocatori.html

mercoledì 12 agosto 2009

Il Giornale di Siracusa

Con le migliori intenzioni e con rinnovato entusiasmo per la stampa locale mi sono iscritta al gruppo fb relativo al "Giornale di Siracusa" e - ahimè - eccomi di nuovo a fustigare la suddetta stampa locale. Apro, prima di ogni altra, la pagina della cultura ed ecco cosa leggo (copia e incolla dell'articolo; titolo e autore riportati):


Suggestioni d'arte sotto il cielo stellato. Siracusa e i suoi monumenti by night
di Damiana Spadaro

Siracusa- Che l'estate sia un periodo magico, per molti denso di emozioni, lontani dalla routine del lavoro e del tram tram quotidiano, è un dato, sociologico e psicologico, diffusamente accettato.

Che la stagione del "sol leone" sia anche contrassegnata dalla possibilità di divertirsi, quando non anche scatenarsi allentando lievemente i freni inibitori, anche questo non ci vuole la psicologia per spiegarlo.

Ma che, sopratutto a Siracusa, si riesca a coniugare il chiaro di luna e il luccichio delle stelle, con una sana dose si romanticismo, ma soprattutto con la voglia di divulgare cultura e amore per il nostro patrimonio archeologico cittadino, questa faccenda appare meno scontata e banale ma, forse proprio per questo, sicuramente degna di interesse e attenzione.

Onore al merito dunque all'iniziativa di aprire anche di sera monumenti come il Teatro Greco, il Castello Maniace e, a Noto, la villa romana del Tellaro.



Glisso sul contenuto.
Glisso parzialmente sulla punteggiatura, convenzione ultimamente sottovalutata (il punto nel titolo è una mia inferenza; "dunque" è un inciso conclusivo: e proprio necessario privarlo delle virgole?)
Glisso sugli accordi imprecisi ("per molti denso di emozioni, lontani etc.": chi? i molti? le emozioni?) e sui ripetuti anacoluti ("anche questo non ci vuole la psicologia"; "che ... si riesca a coniugare ...: questa faccenda"), che fanno tanto comoda conversazione al bar, ma in una comunicazione giornalistica, anche la più disinvolta, non aiutano la chiarezza. A meno che non si possieda una raffinata abilità retorica, che in ogni caso non può precedere il solido dominio dello strumento linguistico.
Per quanto le espressioni idiomatiche siano mobili e multiformi, però, non ho mai sentito parlare di "tram tram quotidiano" (anche se, apparentemente tram tram/ tran tran è un'alternanza controverso), e giurerei che non esiste il "sol leone."
Ma dove sono finiti i benefici di una buona lettura?
Confido nella svista e/o nel refuso, e continuo a leggere in cerca di smentite (per le mie critiche, naturalmente).

Maggiori informazioni a http://www.giornaledisiracusa.it/cultura.html

martedì 4 agosto 2009

l'Usignolo

Gli occhi dell'Usignolo sono grandi, magnetici e furbi. E anche un po' malinconici. L'usignolo si guarda intorno in cerca di sorprese e nell'attesa modula il suo canto, che è fatto di parole. Non sa dove le ha prese, ma si rincorrono una dietro l'altra, con qualche pausa, e un'incertezza, e un piccolo sussulto, perfino una sgrammaticatura. Catturano l'attimo blu del tutto e niente e lo dipanano nell'aria molle dell'estate come se fosse una cosa naturale. L'Usignolo è un poeta, e sa di esserlo.

domenica 2 agosto 2009

agosto

La calle fra alti palazzi antichi è deserta. Popolata dal sole e dal canto degli uccelli. Qualcuno litiga violentemente da una finestra lontana. Il giallo dei muri delle case si incastra al rosso dei tetti a spiovere che si incastra al verde degli alberi a foglie fitte che si incastra all'azzurro del cielo senza nuvole. Io scrivo in silenzio, pegno adorante all'amata estate languida e silenziosa.

mercoledì 29 luglio 2009

Il Nanetto

Il primo personaggio di questa galleria è il Nanetto.
Il Nanetto ha gli occhi piccini e il naso adunco, le mani cicciotte, che tiene sempre tese in avanti per evitare che gli altri pensino prima di lui.
Il Nanetto è sufficientemente corto perchè quello che gli manca per guardarti negli occhi ce lo metta il suo ego, ma ti guarda come se non fossi alla sua altezza; quando arriva, il Nanetto non dice "buongiorno", ti passa a destra, e ti urta senza scusarsi. Il nanetto tiene un libro in mano (nove su dieci un librino sottile e mediocre) e lo sventola come la bandiera dell'Italia alla piscina del Foro Italico, per venderlo paroleggiando al suo interlocutore. Che, tra parentesi, era il tuo prima che lui te lo rubasse.